sabato 11 luglio 2015

IL MIO ITINERARIO IDEALE A SARAJEVO



La Bosnia Erzegovina è un paese meraviglioso. La sua gente, un vero crogiolo di razze e culture, è accogliente e generosa, niente e nessuno è riuscito a piegarla; la natura è rigogliosa e selvaggia, c'è tanto verde, ci sono monti, cascate, fiumi, laghi e un canyon che accompagna quasi interamente la pittoresca strada che unisce le sue due città principali; le città per l’appunto, su tutte quel gioiellino di Mostar e la capitale Sarajevo. Ed è proprio su quest’ultima che mi voglio soffermare, ma non troppo. Non troppo perché le emozioni e la magia che trasmette Sarajevo sono inspiegabili a parole, per comprenderle davvero bisogna semplicemente essere lì. Lo so che lo dico spesso, ma questa volta vale di più.


La Bascarsija, il cuore storico e culturale della città, incanta con le sue viuzze pervase dal profumo di spezie e narghilè, con i suoi colori caldi, con il ticchettio dei martelli dei fabbri che battono i metalli all’interno delle loro piccole botteghe; strega grazie alla voce avvolgente del muezzin, alle forme tonde delle moschee, contrastate dalle loro fontane ottagonali e dagli slanciati minareti; conquista con la sua vocazione multiculturale e con il suo fascino ottomano, così straordinariamente sospesa fra Oriente e Occidente, tanto da guadagnarsi il soprannome di piccola Istanbul o di Gerusalemme d’Europa.


Sarajevo fa riflettere e commuove con la sua storia, ancora vivissima e tangibile lungo la Miljacka, il fiume che divide in due la città che viene però ricongiunta grazie ai suoi numerosi ponti. E’ da qui che risulta evidente la sua singolare morfologia, di città chiusa da colline in una valle tanto stretta e tanto lunga, che ti fa davvero capire come l’assedio degli anni novanta e il lavoro dei cecchini serbi fosse tutto sommato facile. 



L’incontro più sorprendente in cui incapperete passeggiando lungo il fiume è quello con la Biblioteca Nazionale che, avvolta dalle fiamme che hanno distrutto più di due milioni di libri, manoscritti e documenti preziosi, è stata uno dei simboli delle barbarie della guerra. Questo magnifico edificio moresco, restaurato alla perfezione, è tornato ad incantare in tutto il suo splendore proprio a partire dallo scorso anno. Entrando resterete a bocca aperta ammirando il grande atrio centrale - l’unica parte al momento visitabile - la scalinata che porta al piano superiore, le eleganti vetrate, le colonne e le ricche pareti colorate ricche di richiami arabeschi. Continuando la passeggiata lungo il fiume, vi imbatterete in un altro luogo storico, il punto esatto in cui il 28 giugno del 1914 Gravilo Princip assassinò l’arciduca Francesco Ferdinando e la moglie, scatenando il pretesto per lo scoppio della prima guerra mondiale. Ecco quindi un’altra guerra strettamente legata al triste e ingiusto destino di Sarajevo.


La storia legata alla guerra in città però si respira ovunque, non solo lungo la Miljacka. Basti pensare alle ampie distese di lapidi bianche dalla forma allungata, tutte identiche, che si trovano un po’ ovunque non solo a Sarajevo, ma in tutta la Bosnia. Inevitabilmente cade l’occhio sulle date, quando entrambe presenti, ed è un colpo al cuore notare come quelle vite spezzate siano appartenute a giovanissimi che nella maggioranza dei casi non arrivavano ai 30 anni.


Il luogo forse più toccante, dove una profonda riflessione è più che obbligatoria, si trova però fuori dal centro città, nei pressi dell’aeroporto, ed è il famoso tunnel della salvezza. Questa galleria sotterranea è stata scavata nel 1993 dagli stessi assediati per collegare Sarajevo, totalmente isolata e circondata dalle armate serbe, al resto del territorio bosniaco, passando sotto l’area dell’aeroporto che era zona neutrale. Effettivamente il tunnel ha perlomeno permesso ai suoi abitanti di sopportare meglio l’assedio, consentendogli di ricevere cibo, farmaci, aiuti umanitari e materiale bellico. Il suo ingresso si trovava all’interno di una casa, al tempo abitata, la cui facciata è rimasta tale e quale alla fine della guerra, fatiscente e ancora crivellata da proiettili e granate. E’ ancora possibile percorrerne un breve tratto e l’esperienza è davvero agghiacciante ma significativa, perché si percepisce tutta la disperazione che ha portato l’essere umano a ingegnarsi per la propria salvezza. Il risultato è stato un cunicolo lungo circa 800 metri, largo meno di un metro e alto poco più di 1 metro e 50. Tra gli eroi - non si può definirli in altro modo – che hanno contribuito con le proprie mani a creare il tunnel c’è Abid, il simpatico signore che gestisce il piccolissimo negozio di souvenir e il parcheggio all’ingresso di quest’area. Una chiacchierata con lui, oltre ad essere molto piacevole quando si parla di argomenti più leggeri, è una vera e propria lezione di storia. Come tutto il viaggio in Bosnia, nel bene e nel male, questa è un’esperienza che lascia il segno. Qui ciò che più impressiona è realizzare che sono passati solo vent’anni, io ero al liceo a quel tempo e non mi vergogno ad ammettere che avevo tutt'altri ben più futili pensieri, nonostante il tutto avvenisse a pochi passi da noi, al di là di uno stretto di mare.


Per continuare il resto della giornata con decisamente più spensieratezza, vi consiglio di tornare in città, parcheggiare la vostra auto e saltare su uno dei caratteristici tram elettrici che vi conducono a Ilidza, piccolo centro a sud di Sarajevo che tra ristoranti, negozi e terme offre svariate opportunità di svago. Non è però per la sua anima commerciale che vi suggerisco di dirigervi qui, ma per il suo cuore verde. A Ilizda infatti, percorrendo un bel viale alberato di circa 4 kilometri, giungerete ad un magnifico parco, il Vrelo Bosne. Questo ampio spazio verde con i suoi ruscelli dove l’acqua scorre limpidissima e freschissima, le cascatelle, i laghetti popolati da cigni e anatre, i tanti alberi, l’erba verdissima e curatissima, è un vero incanto. Sembra un luogo da fiaba ed effettivamente non mi stupirei se da un momento all’altro un simpatico gnometto apparisse al vostro fianco! E proprio qui si trova la sorgente, una delle poche al mondo con un’accessibilità quasi totale, del fiume Bosna, il più lungo del Paese.


A questo punto è giunto il momento di recuperare le energie con l’ottima cucina bosniaca! Cari esploratori golosi, a Sarajevo, oltre che per gli occhi e per il cuore, troverete grandi soddisfazioni anche per il palato. E sì, difatti, pur mangiando molto bene in tutto il Paese, nella capitale gli stessi piatti hanno una marcia in più. Non mi sono quindi stupita quando ho scoperto che la città è ufficialmente riconosciuta come il centro gastronomico del Paese e infatti qui ho provato il meglio di tutti i piatti tipici nazionali.


Cominciando dalla colazione, ma anche per una qualsiasi pausa durante tutto l’arco della giornata, imperdibile è la Tea House del mitico Hussein. Il nome vero di questo incantevole localino è impronunciabile, ma sono sicura che non avrete difficoltà a trovarlo: dalla Piazza dei Piccioni, il cuore della Bascarsija, dovete attraversare la strada e prendere una delle vie che si inerpicano sulla collina dove si trova il noto belvedere e uno dei cimiteri più ampi e scenografici della città. Si tratta di una stradina molto ripida e particolare, ricca di negozi e localini in legno, non potete sbagliare. Arrivati alla Tea House verrete accolti dal carismatico proprietario, Hussein per l’appunto, che appena capita la vostra provenienza vi parlerà in un perfetto italiano e vi racconterà tante storie sulla sua vita e sulla sua città, facendovi appassionare ancora di più a Sarajevo e al suo popolo. Sono sicura che sarete conquistati dalla spumeggiante e profonda personalità di Hussein, così come dalla magica atmosfera orientaleggiante del locale, dove abbondano i libri che parlano della storia e delle meraviglie bosniache, tappeti e cuscini colorati, teiere e servizi di caffè dalle forme e fantasie arabeggianti, contenitori di te e infusi a vista. Al momento di ordinare avrete l’imbarazzo della scelta. A mio parere va provato tutto o quasi! Sicuramente imperdibile è il caffè bosniaco, servito alla turca, quindi nel tipico bricco in ottone dalla forma allungata dove il caffè finemente macinato viene fatto decantare nell’acqua bollente prima di essere gustato con la calma più assoluta. La degustazione si conclude con dolcissimo lokum, una specie di caramella gelatinosa sempre di origine turca. 


Molto particolari e piacevoli sono anche le acque aromatizzate dai gusti più svariati, la mia preferita è quella alla rosa. Oppure potrete scegliere tra decine di tè e tisane, ma la bevanda veramente imperdibile è ancora una volta di origine turca, il salep. Si tratta di una specie di latte caldo dalla consistenza un po’ più densa, aromatizzato alla cannella ma anche con forti sentori di vaniglia. In realtà contiene polvere di radici essiccate di orchidea, che all’interno dell’Unione Europea è una pianta protetta, quindi dalle nostre parti non avrete il piacere di sorseggiare questo nettare divino. Credetemi, è di una bontà indescrivibile e in 3 giorni a Sarajevo ne ho fatto il pieno per un anno intero! Secondo me all’interno della UE è vietato perché in realtà dentro al latte viene sciolto uno stupefacente, non polvere di orchidea! Naturalmente sto scherzando, ma di certo questa bevanda, da quanto è deliziosa, crea dipendenza. E per accompagnare queste squisite bevande potete acquistare quello che preferite in una panetteria e portarlo con voi alla Tea House per gustarvelo mentre sorseggiate la vostra pozione preferita. So che vi sembrerà strano, ma qui funziona così e io trovo che questa usanza rispecchi il cuore accogliente e l’animo generoso di questa terra.


Per pranzo vi consiglio una pausa veloce e sostanziosa a base di burek. Si tratta di una specie di torta salata dalla forma allungata o arrotolata a base di pasta fillo, una sfoglia sottilissima farcita di carne, patate, formaggio o spinaci. Anche questo prodotto da forno fa parte della tradizione gastronomica turca, ma a seguito dell’espansione ottomana si è diffuso in tutti i Balcani, tanto da essere ormai considerato uno dei piatti nazionali anche nei paesi della penisola. Il burek migliore in assoluto che abbia mai provato, e non includo solo i confini bosniaci, è quello della Buregdzinica Bosna in Bravadziluk, una via ricca di negozi e ritrovi mangerecci in piena Bascarsija. Lo so, lo so che il nome del locale è impronunciabile ma vi consiglio di appuntarvelo perché la città, ma anche la stessa via, è disseminata di locali simili pronti ad offrirvi deliziosi burek appena sfornati. Per carità, capiterete sempre bene, ma lì questa delizia raggiunge un altro livello. A prescindere dai gusti personali, tutte le varianti hanno un ripieno ricco e saporito avvolto da una sfoglia croccantissima. Naturalmente non potete lasciare il vostro burek solo soletto e, come ogni bosniaco che si rispetti, dovete accompagnarlo con un bel bicchierone di yogurt fresco dalla spiccata acidità. Una piacevole accoppiata!


Per cena non può mancare un altro piatto forte della cucina balcanica, i cevapcici. Si tratta apparentemente di semplici salsiccette cotte alla brace, servite nel somun, il pane tipico bosniaco, e accompagnate da cipolla bianca cruda finemente tritata o formaggio locale o entrambi per gli esploratori più golosi. A Sarajevo l’indirizzo giusto è la Cevabdzinica Zeljo in Kundurdziluk, sempre nell’incantevole Bascarsija. Anche in questo caso segnatevi l’indirizzo perché, nonostante a Sarajevo chiunque vi offrirà cevapcici, di migliori non ne troverete e ancora una volta non mi riferisco solo alla Bosnia. Zeljo è il re dei cevapcici e la prova, prima che nella gioia del palato, sta nella lunga fila per accaparrarsi un posto a sedere, fila che tra l’altro ho fatto con piacere perché ci ha permesso di fare amicizia con due ragazze del posto con le quali abbiamo condiviso il tavolo e pasteggiato allegramente. Tutto il piatto nel complesso è davvero eccellente, tanto che ogni suo ingrediente merita una menzione a parte. I piccoli salsicciotti di carne di manzo sono teneri, succulenti, speziati al punto giusto e grigliati alla perfezione. Sembra impossibile che un piccolo, semplice pezzettino di carne possa provocare un tale tripudio di sapori. E il delizioso somus? Un pane leggero e delicato, dalla forma larga e appiattita che durante la cottura si gonfia formando una sacca d’aria che si presta perfettamente per essere farcita a piacimento, in quanto vuota e senza mollica. Io ne ero già dipendente, infatti tutte le mattine, prima di recarmi da Hussein a sorseggiare il mio salep, mi fermavo al panificio all’angolo a prendere un somus caldo caldo, appena sfornato, tutto solo per me. Beh sposarlo con i cevapcici è estasi pura! Poi c’è la cipolla bianca cruda che ha donato quel tocco in più senza appesantire né il piatto, né, con mio grande piacere e stupore, la mia digestione. Che anche la cipolla bosniaca sia in realtà qualche sostanza proibita? Per finire dal piatto del maritozzo ho rubato un pochino di kajmak, un formaggio cremoso tipico dei Balcani dal gusto molto ricco e piacevolmente fresco ma che a mio parere copre un po’ troppo il godurioso sapore di vera brace dei cevapcici. Tanto a donarmi freschezza ci ha pensato nuovamente il mio bel bicchierone di yogurt!


Io adoro tutti i posticini che vi ho citato, non possono prescindere da una visita alla città. Si tratta di ritrovi semplici, genuini e autentici dove per pochi marchi – la conversione in euro vi farà credere di aver sbagliato i vostri conti! - e con porzioni abbondanti non solo soddisferete il vostro appetito, ma potrete davvero entrare a contatto con la gente del posto, con le loro tradizioni e con la loro cultura.
Il tour gastronomico di Sarajevo però non è ancora finito! Manca un altro locale storico della città, l’unico situato al di fuori della Bascarsija, seppure pochi passi più in là, oltre la riva opposta del fiume. Qui non vi consiglio di pasteggiare, per la cucina tipica bosniaca vi ho già indirizzato nei posti giusti, ma se desiderate bere un’ottima birra, non troverete posto migliore. Sto parlando della Sarajevska Pivara, la migliore birreria cittadina che serve le birre prodotte nell’adiacente fabbrica, la quale ricopre un ruolo cruciale nella storia di Sarajevo: fu l’unica realtà industriale a restare in attività per gran parte dell’assedio, fornendo l’acqua ai suoi cittadini che quotidianamente rischiavano la vita per rifornirsene. Dall’esterno la fabbrica è curatissima e molto scenografica, sembra quella di Willy Wonka! Ad essere magnifico è anche l’interno della birreria, su due piani e interamente in legno. Sorseggiare una delle ottime birre Sarajevsko in questo locale, dove il tempo sembra essersi fermato, è un’altra delle imperdibili esperienze offerte dalla città.


Sarajevo è magia, è poesia, è emozione pura. Sarajevo è stata un’attrazione fatale. Nessuna città mi ha mai toccato così nel profondo, e non è solo per il suo triste passato. E’ tutta lei nell’insieme ed è difficile da spiegare. Ci sarà un motivo se, nonostante sia passato quasi un anno dalla nostra visita, spesso io e il maritozzo ci troviamo a dire “Sto pensando a Sarajevo…”. Vorrà dire qualcosa se, pochi giorni dopo aver lasciato la città ma ancora in vacanza in altri luoghi ameni, entrambi, inconsapevoli di cosa stesse facendo l'altro, ci siamo ritrovati in contemporanea a navigare on-line alla ricerca di voli diretti o per la meno agevoli dal nord Italia (a titolo informativo niente da fare, o si fa scalo a Istanbul che non è né comodo, né economico, oppure, ma solo in estate, si vola su Dubrovnik o Spalato e poi ci si mette in macchina per oltre 200 km, il che è fattibile ma non certo per una toccata e fuga nel weekend).

Ah, per chi non è al passo con la storia - tanti per esperienza personale - no, a Sarajevo non c'è la guerra, è finita vent'anni fa che non è molto, ma costituisce comunque un tempo ragionevole per rinascere. E' una città sicurissima, così come tutto il Paese, andate tranquilli.

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