La Bosnia Erzegovina è un paese meraviglioso. La sua gente, un vero
crogiolo di razze e culture, è accogliente e generosa, niente e nessuno è
riuscito a piegarla; la natura è rigogliosa e selvaggia, c'è tanto verde, ci sono monti,
cascate, fiumi, laghi e un canyon che accompagna quasi interamente la
pittoresca strada che unisce le sue due città principali; le città per
l’appunto, su tutte quel gioiellino di Mostar e la capitale Sarajevo. Ed è
proprio su quest’ultima che mi voglio soffermare, ma non troppo. Non troppo
perché le emozioni e la magia che trasmette Sarajevo sono inspiegabili a parole,
per comprenderle davvero bisogna semplicemente essere lì. Lo so che lo dico
spesso, ma questa volta vale di più.
La Bascarsija, il cuore storico e culturale della città, incanta con
le sue viuzze pervase dal profumo di spezie e narghilè, con i suoi colori
caldi, con il ticchettio dei martelli dei fabbri che battono i metalli
all’interno delle loro piccole botteghe; strega grazie alla voce avvolgente
del muezzin, alle forme tonde delle moschee, contrastate dalle loro fontane
ottagonali e dagli slanciati minareti; conquista con la sua vocazione
multiculturale e con il suo fascino ottomano, così straordinariamente sospesa
fra Oriente e Occidente, tanto da guadagnarsi il soprannome di piccola Istanbul
o di Gerusalemme d’Europa.
Sarajevo fa riflettere e commuove con la sua storia, ancora
vivissima e tangibile lungo la Miljacka, il fiume che divide in due la città
che viene però ricongiunta grazie ai suoi numerosi ponti. E’ da qui che risulta
evidente la sua singolare morfologia, di città chiusa da colline in una valle tanto
stretta e tanto lunga, che ti fa davvero capire come l’assedio degli anni
novanta e il lavoro dei cecchini serbi fosse tutto sommato facile.
L’incontro
più sorprendente in cui incapperete passeggiando lungo il fiume è quello con la
Biblioteca Nazionale che, avvolta dalle fiamme che hanno distrutto più di due
milioni di libri, manoscritti e documenti preziosi, è stata uno dei simboli
delle barbarie della guerra. Questo magnifico edificio moresco, restaurato alla
perfezione, è tornato ad incantare in tutto il suo splendore proprio a partire dallo
scorso anno. Entrando resterete a bocca aperta ammirando il grande atrio
centrale - l’unica parte al momento visitabile - la scalinata che porta al
piano superiore, le eleganti vetrate, le colonne e le ricche pareti colorate
ricche di richiami arabeschi. Continuando la passeggiata lungo il fiume, vi
imbatterete in un altro luogo storico, il punto esatto in cui il 28 giugno del
1914 Gravilo Princip assassinò l’arciduca Francesco Ferdinando e la moglie,
scatenando il pretesto per lo scoppio della prima guerra mondiale. Ecco quindi
un’altra guerra strettamente legata al triste e ingiusto destino di Sarajevo.
La storia legata alla guerra in città però si respira ovunque, non solo
lungo la Miljacka. Basti pensare alle ampie distese di lapidi bianche dalla forma
allungata, tutte identiche, che si trovano un po’ ovunque non solo a Sarajevo,
ma in tutta la Bosnia. Inevitabilmente cade l’occhio sulle date, quando
entrambe presenti, ed è un colpo al cuore notare come quelle vite spezzate
siano appartenute a giovanissimi che nella maggioranza dei casi non arrivavano
ai 30 anni.
Il luogo forse più toccante, dove una profonda riflessione è più che
obbligatoria, si trova però fuori dal centro città, nei pressi dell’aeroporto, ed
è il famoso tunnel della salvezza. Questa galleria sotterranea è stata scavata nel
1993 dagli stessi assediati per collegare Sarajevo, totalmente isolata e
circondata dalle armate serbe, al resto del territorio bosniaco, passando sotto
l’area dell’aeroporto che era zona neutrale. Effettivamente il tunnel ha
perlomeno permesso ai suoi abitanti di sopportare meglio l’assedio, consentendogli
di ricevere cibo, farmaci, aiuti umanitari e materiale bellico. Il suo ingresso
si trovava all’interno di una casa, al tempo abitata, la cui
facciata è rimasta tale e quale alla fine della guerra, fatiscente e ancora
crivellata da proiettili e granate. E’ ancora possibile percorrerne un breve
tratto e l’esperienza è davvero agghiacciante ma significativa, perché si
percepisce tutta la disperazione che ha portato l’essere umano a ingegnarsi per
la propria salvezza. Il risultato è stato un cunicolo lungo circa 800 metri,
largo meno di un metro e alto poco più di 1 metro e 50. Tra gli eroi - non si
può definirli in altro modo – che hanno contribuito con le proprie mani a
creare il tunnel c’è Abid, il simpatico signore che gestisce il piccolissimo
negozio di souvenir e il parcheggio all’ingresso di quest’area. Una
chiacchierata con lui, oltre ad essere molto piacevole quando si parla di argomenti
più leggeri, è una vera e propria lezione di storia. Come tutto il viaggio in
Bosnia, nel bene e nel male, questa è un’esperienza che lascia il segno. Qui
ciò che più impressiona è realizzare che sono passati solo vent’anni, io ero
al liceo a quel tempo e non mi vergogno ad ammettere che avevo tutt'altri ben più futili pensieri, nonostante il tutto avvenisse a pochi passi da noi, al di
là di uno stretto di mare.
Per continuare il resto della giornata con decisamente più spensieratezza,
vi consiglio di tornare in città, parcheggiare la vostra auto e saltare su uno
dei caratteristici tram elettrici che vi conducono a Ilidza, piccolo centro a
sud di Sarajevo che tra ristoranti, negozi e terme offre svariate opportunità
di svago. Non è però per la sua anima commerciale che vi suggerisco di
dirigervi qui, ma per il suo cuore verde. A Ilizda infatti, percorrendo un bel
viale alberato di circa 4 kilometri, giungerete ad un magnifico parco, il Vrelo Bosne. Questo ampio spazio verde
con i suoi ruscelli dove l’acqua scorre limpidissima e freschissima, le
cascatelle, i laghetti popolati da cigni e anatre, i tanti alberi, l’erba
verdissima e curatissima, è un vero incanto. Sembra un luogo da fiaba ed
effettivamente non mi stupirei se da un momento all’altro un simpatico gnometto
apparisse al vostro fianco! E proprio qui si trova la sorgente, una delle poche
al mondo con un’accessibilità quasi totale, del fiume Bosna, il più lungo del
Paese.
A questo punto è giunto il momento di recuperare le energie con
l’ottima cucina bosniaca! Cari esploratori golosi, a Sarajevo, oltre che per
gli occhi e per il cuore, troverete grandi soddisfazioni anche per il palato. E
sì, difatti, pur mangiando molto bene in tutto il Paese, nella capitale gli
stessi piatti hanno una marcia in più. Non mi sono quindi stupita
quando ho scoperto che la città è ufficialmente riconosciuta come il centro
gastronomico del Paese e infatti qui ho provato il meglio di tutti i piatti
tipici nazionali.
Cominciando dalla colazione, ma anche per una qualsiasi pausa durante
tutto l’arco della giornata, imperdibile è la Tea House del mitico Hussein. Il
nome vero di questo incantevole localino è impronunciabile, ma sono sicura che
non avrete difficoltà a trovarlo: dalla Piazza dei Piccioni, il cuore della Bascarsija,
dovete attraversare la strada e prendere una delle vie che si inerpicano sulla
collina dove si trova il noto belvedere e uno dei cimiteri più ampi e
scenografici della città. Si tratta di una stradina molto ripida e particolare,
ricca di negozi e localini in legno, non potete sbagliare. Arrivati alla Tea
House verrete accolti dal carismatico proprietario, Hussein per l’appunto, che
appena capita la vostra provenienza vi parlerà in un perfetto italiano e vi
racconterà tante storie sulla sua vita e sulla sua città, facendovi
appassionare ancora di più a Sarajevo e al suo popolo. Sono sicura che sarete
conquistati dalla spumeggiante e profonda personalità di Hussein, così come
dalla magica atmosfera orientaleggiante del locale, dove abbondano i libri che
parlano della storia e delle meraviglie bosniache, tappeti e cuscini colorati,
teiere e servizi di caffè dalle forme e fantasie arabeggianti, contenitori di
te e infusi a vista. Al momento di ordinare avrete l’imbarazzo della scelta. A
mio parere va provato tutto o quasi! Sicuramente imperdibile è il caffè
bosniaco, servito alla turca, quindi nel tipico bricco in ottone dalla forma
allungata dove il caffè finemente macinato viene fatto decantare nell’acqua bollente
prima di essere gustato con la calma più assoluta. La degustazione si conclude
con dolcissimo lokum, una specie di caramella gelatinosa sempre di origine
turca.
Molto particolari e piacevoli sono anche le acque aromatizzate dai gusti
più svariati, la mia preferita è quella alla rosa. Oppure potrete scegliere tra
decine di tè e tisane, ma la bevanda veramente imperdibile è ancora una volta
di origine turca, il salep. Si tratta di una specie di latte caldo dalla
consistenza un po’ più densa, aromatizzato alla cannella ma anche con forti
sentori di vaniglia. In realtà contiene polvere di radici essiccate di
orchidea, che all’interno dell’Unione Europea è una pianta protetta, quindi dalle nostre parti non avrete il piacere di sorseggiare questo nettare divino. Credetemi, è di
una bontà indescrivibile e in 3 giorni a Sarajevo ne ho fatto il pieno per un
anno intero! Secondo me all’interno della UE è vietato perché in realtà dentro
al latte viene sciolto uno stupefacente, non polvere di orchidea! Naturalmente
sto scherzando, ma di certo questa bevanda, da quanto è deliziosa, crea
dipendenza. E per accompagnare queste squisite bevande potete acquistare quello
che preferite in una panetteria e portarlo con voi alla Tea House per
gustarvelo mentre sorseggiate la vostra pozione preferita. So che vi sembrerà
strano, ma qui funziona così e io trovo che questa usanza rispecchi il cuore
accogliente e l’animo generoso di questa terra.
Per pranzo vi consiglio una pausa veloce e sostanziosa a base di burek.
Si tratta di una specie di torta salata dalla forma allungata o arrotolata a
base di pasta fillo, una sfoglia sottilissima farcita di carne, patate,
formaggio o spinaci. Anche questo prodotto da forno fa parte della tradizione
gastronomica turca, ma a seguito dell’espansione ottomana si è diffuso in tutti
i Balcani, tanto da essere ormai considerato uno dei piatti nazionali anche nei
paesi della penisola. Il burek migliore in assoluto che abbia mai provato, e
non includo solo i confini bosniaci, è quello della Buregdzinica Bosna in Bravadziluk, una via ricca di negozi e
ritrovi mangerecci in piena Bascarsija. Lo so, lo so che il nome del locale è
impronunciabile ma vi consiglio di appuntarvelo perché la città, ma anche la
stessa via, è disseminata di locali simili pronti ad offrirvi deliziosi burek
appena sfornati. Per carità, capiterete sempre bene, ma lì questa delizia
raggiunge un altro livello. A prescindere dai gusti personali, tutte le
varianti hanno un ripieno ricco e saporito avvolto da una sfoglia croccantissima.
Naturalmente non potete lasciare il vostro burek solo soletto e, come ogni
bosniaco che si rispetti, dovete accompagnarlo con un bel bicchierone di yogurt
fresco dalla spiccata acidità. Una piacevole accoppiata!
Per cena non può mancare un altro piatto forte della cucina balcanica, i
cevapcici. Si tratta apparentemente di semplici salsiccette cotte alla brace,
servite nel somun, il pane tipico bosniaco, e accompagnate da cipolla bianca
cruda finemente tritata o formaggio locale o entrambi per gli esploratori più
golosi. A Sarajevo l’indirizzo giusto è la Cevabdzinica
Zeljo in Kundurdziluk, sempre nell’incantevole Bascarsija. Anche in questo
caso segnatevi l’indirizzo perché, nonostante a Sarajevo chiunque vi offrirà
cevapcici, di migliori non ne troverete e ancora una volta non mi riferisco
solo alla Bosnia. Zeljo è il re dei cevapcici e la prova, prima che nella gioia
del palato, sta nella lunga fila per accaparrarsi un posto a sedere, fila che
tra l’altro ho fatto con piacere perché ci ha permesso di fare amicizia con due
ragazze del posto con le quali abbiamo condiviso il tavolo e pasteggiato
allegramente. Tutto il piatto nel complesso è davvero eccellente, tanto che
ogni suo ingrediente merita una menzione a parte. I piccoli salsicciotti di
carne di manzo sono teneri, succulenti, speziati al punto giusto e grigliati
alla perfezione. Sembra impossibile che un piccolo, semplice pezzettino di
carne possa provocare un tale tripudio di sapori. E il delizioso somus? Un pane
leggero e delicato, dalla forma larga e appiattita che durante la cottura si
gonfia formando una sacca d’aria che si presta perfettamente per essere farcita a piacimento, in quanto
vuota e senza mollica. Io ne ero già dipendente, infatti tutte le mattine,
prima di recarmi da Hussein a sorseggiare il mio salep, mi fermavo al panificio
all’angolo a prendere un somus caldo caldo, appena sfornato, tutto solo per me. Beh
sposarlo con i cevapcici è estasi pura! Poi c’è la cipolla bianca cruda
che ha donato quel tocco in più senza appesantire né il piatto, né, con mio
grande piacere e stupore, la mia digestione. Che anche la cipolla bosniaca sia in
realtà qualche sostanza proibita? Per finire dal piatto del maritozzo ho rubato
un pochino di kajmak, un formaggio cremoso tipico dei Balcani dal gusto molto ricco
e piacevolmente fresco ma che a mio parere copre un po’ troppo il godurioso
sapore di vera brace dei cevapcici. Tanto a donarmi freschezza ci ha pensato nuovamente il mio bel bicchierone di yogurt!
Io adoro tutti i posticini che vi ho citato, non possono prescindere da
una visita alla città. Si tratta di ritrovi semplici, genuini e autentici dove per
pochi marchi – la conversione in euro vi farà credere di aver sbagliato i
vostri conti! - e con porzioni abbondanti non solo soddisferete il vostro
appetito, ma potrete davvero entrare a contatto con la gente del posto, con le
loro tradizioni e con la loro cultura.
Il tour gastronomico di Sarajevo però non è ancora finito! Manca un
altro locale storico della città, l’unico situato al di fuori della Bascarsija,
seppure pochi passi più in là, oltre la riva opposta del fiume. Qui non vi
consiglio di pasteggiare, per la cucina tipica bosniaca vi ho già indirizzato
nei posti giusti, ma se desiderate bere un’ottima birra, non troverete posto
migliore. Sto parlando della Sarajevska
Pivara, la migliore birreria cittadina che serve le birre prodotte nell’adiacente
fabbrica, la quale ricopre un ruolo cruciale nella storia di Sarajevo: fu
l’unica realtà industriale a restare in attività per gran parte dell’assedio,
fornendo l’acqua ai suoi cittadini che quotidianamente rischiavano la vita per rifornirsene.
Dall’esterno la fabbrica è curatissima e molto scenografica, sembra quella di
Willy Wonka! Ad essere magnifico è anche l’interno della birreria, su due piani
e interamente in legno. Sorseggiare una delle ottime birre Sarajevsko in questo
locale, dove il tempo sembra essersi fermato, è un’altra delle imperdibili
esperienze offerte dalla città.
Sarajevo è magia, è poesia, è emozione pura. Sarajevo è stata un’attrazione fatale. Nessuna città mi ha mai
toccato così nel profondo, e non è solo per il suo triste passato. E’ tutta lei
nell’insieme ed è difficile da spiegare. Ci sarà un motivo se, nonostante sia
passato quasi un anno dalla nostra visita, spesso io e il maritozzo ci troviamo
a dire “Sto pensando a Sarajevo…”. Vorrà dire qualcosa se, pochi giorni dopo
aver lasciato la città ma ancora in vacanza in altri luoghi ameni,
entrambi, inconsapevoli di cosa stesse facendo l'altro, ci siamo ritrovati in contemporanea a
navigare on-line alla ricerca di voli diretti o per la meno agevoli dal nord
Italia (a titolo informativo niente da fare, o si fa scalo a Istanbul che non è
né comodo, né economico, oppure, ma solo in estate, si vola su Dubrovnik o Spalato
e poi ci si mette in macchina per oltre 200 km, il che è fattibile ma non certo per una toccata e fuga nel weekend).
Ah, per chi non è al passo con la storia - tanti per esperienza personale - no, a Sarajevo non c'è la guerra, è finita vent'anni fa che non è molto, ma costituisce comunque un tempo ragionevole per rinascere. E' una città sicurissima, così come tutto il Paese, andate tranquilli.
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